Cos’è il lavoro in eccesso? Cos’è il plusvalore?

La teoria economica neoclassica è stata sviluppata, in parte, per attaccare la nozione stessa di lavoro in eccedenza o plusvalore e per sostenere che i lavoratori ricevono tutto il valore incorporato nei loro sforzi creativi. In altre parole, la teoria aveva un chiaro scopo ideologico che modellava il quadro teorico sottostante. Lo stesso si può dire della teoria marxiana che la teoria neoclassica ha attaccato. La teoria marxiana sosteneva l’esistenza di eccedenze di lavoro, in parte, per gettare le basi per una critica delle società di classe, comprese le società capitaliste. Se i lavoratori svolgono lavoro in eccedenza nel capitalismo, allora il lavoro in eccedenza viene preso da loro dal consiglio di amministrazione capitalista. Il capitalismo rappresenterebbe quindi una forma di furto. I teorici neoclassici andarono per la giugulare marxiana, per così dire, argomentando contro l’esistenza stessa del lavoro in eccesso o del plusvalore. Nel mondo neoclassico, non c’è sfruttamento nel capitalismo perché nel capitalismo i lavoratori contrattano per i loro salari in un libero mercato dove tutti gli agenti economici sono uguali. Il risultato è che i lavoratori saranno assunti / accetteranno di lavorare solo fino al punto in cui non vi è plusvalore/lavoro (salario=valore del prodotto fisico marginale). Se non c’è lavoro in eccedenza, i lavoratori non vengono sfruttati (poiché lo sfruttamento è definito come spingere i lavoratori/produttori diretti a svolgere lavoro in eccedenza). Se non c’è sfruttamento, allora il capitalismo non è una forma di furto e, per estensione, non è moralmente sbagliato.

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