Eresia nel Cattolicesimo

da quando l’editto di Costantino, nel 313, e più in particolare dal consiglio di Nicomedia nel 317, eretto come un giudice, inteso imporre Arius prima confessione di fede, sotto pena di scomunica, il dogma è definito come la norma della “vera fede”, come una reazione a deviazioni eretiche.

Più tardi, al primo concilio di Nicea, una dottrina divergente dall’insegnamento ufficiale della Chiesa e dei suoi dogmi consacrati dalla sua autorità (vescovo, consiglio) sulla base della Scrittura e della tradizione è stato definito come eretica. Più tardi, autori come Agostino di Ippona si sono distinti per la loro veemenza nella lotta contro le eresie cristiane e altre idee come il manicheismo.

L’eresia (quasi sinonimo di eterodossia) può essere un’occasione per creare una nuova forma di ortodossia. Nel contesto dello sviluppo delle eterodossie del secondo e terzo secolo, un eterodosso diventa eresia dal momento della sua condanna per mezzo di un concilio.

Con il tempo e a partire dal Basso Medioevo, la nozione di eresia in ambito cristiano acquista nuovi significati a causa del crescente numero di gruppi e movimenti eterodossi, non solo o principalmente dal punto di vista dottrinale, ma soprattutto disciplinare. Roberto Grosseteste, nel XIII secolo, offrì una definizione di eresia medievale: “L’eresia è un’affermazione dottrinale che procede da una scelta umana contraria alla Sacra Scrittura, manifestata apertamente e tenacemente sostenuta”. Importante, quindi, è ricordare che l’eresia nel Medioevo coinvolgeva non solo l’eterodossia, ma anche la pertinenza.

Nel 1656, papa Alessandro VII, attraverso la bolla Gratia Divina, definì l’eresia come “la credenza, l’insegnamento o la difesa di opinioni, dogmi, proposte o idee contrarie agli insegnamenti della Sacra Bibbia, dei Santi Vangeli, della Tradizione e del magistero”.

La prima Inquisizione, o corte d’eccezione incaricata di combattere l’eresia, fu creata da papa Gregorio IX (1231).

L’eresia è considerata una tendenza e un’opzione per negare le verità fondamentali della fede nei dogmi, senza rispettare la tradizione, il magistero e la Sacra Scrittura, su cui si basano questi dogmi.

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