Girolamo Savonarola

Intrighi politici.

Il trionfo di Savonarola fu troppo grande e troppo improvviso per non suscitare gelosie e sospetti. Un partito fiorentino chiamato gli Arrabbiati si formò in opposizione a lui. Questi nemici interni formarono un’alleanza con potenti forze straniere, tra cui il Duca di Milano e il Papa, che si erano uniti alla Lega Santa contro il re di Francia e vedevano in Savonarola il principale ostacolo all’adesione di Firenze. Fu allora, dopo un fermo rifiuto della Lega da parte di Firenze, che il Papa inviò a Savonarola il breve del 21 luglio 1495, in cui lodava i frutti miracolosi dell’opera di Savonarola e lo chiamava a Roma per pronunciare le sue profezie dalle sue stesse labbra. Poiché quel papa era il corrotto Alessandro VI, la trappola era troppo ovvia. Savonarola chiese di poter rimandare il suo viaggio, offrendo la malattia come scusa.

Il Papa sembrava soddisfatto, ma l ‘ 8 settembre, sotto la pressione dei suoi amici politici e dei nemici di Savonarola, gli inviò un secondo breve in cui le lodi si trasformarono in vituperazione. Gli ordinò di andare a Bologna sotto pena di scomunica. Savonarola ha risposto a questo strano documento con rispettosa fermezza, evidenziando non meno di 18 errori in esso. Il breve fu sostituito da un altro del 16 ottobre, in cui gli fu proibito di predicare. Come il Papa stesso confessò francamente, fu la Lega Santa a insistere. Dopo pochi mesi, mentre la Quaresima del 1496 si avvicinava, Alessandro VI, pur rifiutando agli ambasciatori fiorentini una formale revoca del divieto, lo concesse verbalmente. Così Savonarola è stato in grado di dare i suoi sermoni su Amos, tra i suoi migliori e più forte, in cui ha attaccato la Corte romana con rinnovato vigore. Sembrava anche riferirsi alla scandalosa vita privata del Papa, e quest’ultimo si offese per questo. Un collegio di teologi non ha trovato nulla da criticare in ciò che il frate aveva detto, in modo che dopo la Quaresima è stato in grado di iniziare, senza ulteriori rimostranze da Roma, i sermoni su Ruth e Michea.

A quel tempo, man mano che l’autorità di Savonarola cresceva, il Papa cercava di conquistarlo offrendogli un cappello cardinalizio. Egli rispose: “Un cappello rosso? Voglio un cappello di sangue.”Allora Alessandro VI, pressato dalla Lega e dagli Arrabbiati, montò un nuovo attacco. In una breve di novembre. 7, 1496, ha incorporato la Congregazione di San Marco, di cui Savonarola è stato vicario, con un altro in cui avrebbe perso tutta la sua autorità. Se obbedisse, le sue riforme sarebbero perse. Se avesse disobbedito, sarebbe stato scomunicato. Savonarola, però, pur protestando vigorosamente, non disubbidì, perché nessuno si fece avanti per mettere in vigore il breve. Egli ha quindi continuato imperturbabile in Avvento 1496 e Quaresima 1497 con la sua serie di sermoni su Ezechiele. Durante la stagione di carnevale di quell’anno la sua autorità ricevette un tributo simbolico nel “rogo delle vanità”, quando furono bruciati ornamenti personali, immagini oscene, carte e tavoli da gioco. La distruzione di libri e opere d’arte era trascurabile.

Gli eventi in Italia ora si rivoltarono contro Savonarola, tuttavia, e anche a Firenze il suo potere fu diminuito da sviluppi politici ed economici sfavorevoli. Un governo di Arrabbiati lo costrinse a smettere di predicare e incitò rivolte sacrileghe contro di lui il giorno dell’Ascensione. Gli Arrabbiati ottennero dalla Corte Romana, per un corrispettivo economico, la desiderata bolla di scomunica contro il loro nemico. In effetti la scomunica, oltre ad essere surrettizia, era piena di tali evidenti errori di forma e sostanza da renderla nulla e nulla, e il Papa stesso doveva rinnegarla. Il governo fiorentino, tuttavia, ha cercato invano di ottenere il suo ritiro formale; questioni politiche più ampie sono stati coinvolti. Assorto nello studio e nella preghiera, Savonarola tace. Solo quando Roma propose una disposizione indegna, che rendeva il ritiro della censura dipendente dall’ingresso di Firenze nella Lega, egli tornò sul pulpito (Quaresima 1498) per tenere quei sermoni sull’Esodo che segnarono la sua partenza dal pulpito e dalla vita. Fu presto messo a tacere dall’interdetto con cui la città era minacciata. Non aveva altra via d’uscita che un appello a un consiglio della chiesa, e cominciò una mossa in questa direzione, ma poi bruciò le lettere ai principi che aveva già scritto, al fine di non causare dissensi all’interno della chiesa. Una volta chiusa questa strada, l’unica rimasta conduceva al martirio.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.